Giovedì, 28 Marzo 2024 | Login
Appuntamenti della Comunità

Il Ricco Stolto

Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio». (Luca 12:16-21)

La vita non dipende da ciò che si possiede.
Tante volte abbiamo ascoltato questa parabola e tante volte forse l’abbiamo fraintesa, come se non ci riguardasse. Siccome tutti, qualunque sia la situazione economica in cui viviamo, ci lamentiamo che «i soldi non bastano mai», quindi che non siamo ricchi, concludiamo che la parabola del «ricco» stolto non ci riguarda, appunto perché non siamo ricchi. Se così stessero le cose, si dovrebbe concludere che per la maggioranza assoluta dei cristiani questa parabola non è importante. Perché allora è nel vangelo? Siamo proprio sicuri che solo il ricco sia «stolto»?


A me pare di no, perché in questa parabola Gesù ci ammonisce a tenerci lontani da ogni «cupidigia» e dal pensare che la «vita» dipenda da quanto si possiede. La cupidigia, l’avidità di ricchezze e di possesso, non è una cosa, ma un atteggiamento del cuore che può trovarsi indifferentemente in ogni uomo, ricco o povero che sia, senza grandi differenze.
Pertanto la domanda che ognuno deve farsi, è se e in che misura ritiene che la sua felicità consista nell’avere, nel possedere e nell’accumulare ricchezze, invidiando, magari, chi ne possiede molte. E’ stolto non perché ha tanto, ma perché pensa che tutto dipenda da quanto ha. L’altro particolare che mi fa pensare che la parabola di Gesù è veramente per tutti, è il significato che si deve dare alla parola «vita». Quando Gesù dice che la vita non dipende da ciò che si possiede, si riferisce solo alla durata della vita terrena o al «senso» di essa? La vita non è sola quella fisica, ma anche quella spirituale, cioè quella fatta di serenità, pace, amore, dono, servizio, «perdita» della vita terrena per Lui. Ecco perché affermo che la parabola del ricco stolto, riguarda tutti noi. Perché tutti possiamo essere «stolti».
Per capire bene questa parabola, è utile ricordare che le Scritture insegnano che Dio creò ogni cosa e che tutto appartiene a Lui; noi siamo custodi di ciò che Dio ci ha dato. Come dice nel salmo 24,1: “All’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti”.
Tutti i cristiani sono invitati a essere amministratori delle loro proprietà private e di tutta la terra. La parabola del ricco stolto è uno degli insegnamenti principali di nostro Signore su questo argomento. La storia parla di un uomo che non riuscì a riconoscere di essere responsabile davanti a Dio di tutto ciò che possedeva. Quello che scopriamo di quest’uomo è che era già ricco e che le sue terre avevano appena avuto un raccolto abbondante, tanto che non aveva più spazio nei granai che già possedeva.
Evidentemente non considerava quest’abbondanza come una benedizione di Dio, né che in fondo Dio fosse il proprietario di quel raccolto e delle sue terre e di tutto ciò che aveva. Ascoltiamo il suo dialogo interiore su cosa fare di quell’abbondanza e sentiamo che parla di “miei raccolti, miei granai, miei beni, mia anima” … non c’è menzione di Dio né delle sue benedizioni. Nella sua mente, tutto gli apparteneva. Come vedremo, non pensa assolutamente di usarlo in maniera da beneficiare altri o glorificare Dio. Invece dice a se stesso: “Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni”.


Quest’uomo ricco ed egoista, che ha già cose in abbondanza, progetta di stivare il raccolto in nuovi granai più grandi, con l’idea che una volta fatto ciò si sarebbe sistemato finanziariamente per molti anni. Così dice a se stesso: “Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi”.
Il libro dell’Ecclesiaste parla di mangiare, bere e stare allegro, ma ci ricorda anche che Dio ci ha dato i giorni della nostra vita, che la nostra esistenza e il tempo che passiamo sulla terra appartengono a Lui. Gesù lo dice molto chiaramente nel resto della parabola:
Ma Dio gli disse: “Stolto, questa stessa notte l’anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?”
Gesù lo chiama stolto. Ciò avrebbe ricordato ai suoi ascoltatori il versetto nel libro dei Salmi, che dice: “Lo stolto ha detto nel suo cuore: «Non c’è Dio”.

Giacomo espresse la stessa cosa nella sua epistola, quando scrisse:

“E ora a voi che dite: «Oggi o domani andremo nella tale città, e vi dimoreremo un anno, commerceremo e guadagneremo», mentre non sapete ciò che accadrà l’indomani. Cos’è infatti la vostra vita? In verità essa è un vapore che appare per un po’ di tempo, e poi svanisce. Dovreste invece dire: «Se piace al Signore e se saremo in vita, noi faremo questo o quello”.


Il ricco non incluse Dio nell’equazione. Nel suo modo di vedere, tutto era suo, compresa la sua vita. Gesù però indica chiaramente che in un certo senso tutto è in prestito; tutto appartiene a Dio. Il ricco progettava il proprio futuro senza alcun pensiero nei confronti di Dio o del suo ruolo e della sua autorità nella propria vita.
Gesù continuò dicendo: “Di chi saranno le cose che tu hai preparato?”
È come nel vecchio detto: non puoi portarlo con te. Ogni ricchezza materiale va lasciata indietro al momento della morte e non ha più alcun valore per la persona a cui apparteneva. Gesù lo fa notare succintamente nella parabola, poi conclude così:
“Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio”.
Chi accumula tesori per sé è come il ricco stolto. In che senso? È chiamato stolto perché è ricco? No. Il messaggio della parabola non è una condanna della ricchezza, ma riguarda l’uso sbagliato che se ne fa e le persone che non si danno pensiero di Dio. Il ricco stolto vide la benedizione di un raccolto abbondante come un mezzo per provvedere ai propri piaceri e alla propria sicurezza. Pensava solo a sé, al suo futuro e al suo piacere. Non prendeva assolutamente in considerazione che forse Dio gli aveva dato quell’abbondanza per un motivo che andava oltre i suoi piaceri personali, come aiutare i poveri e i bisognosi.

La conclusione della parabola parla di essere ricco verso Dio. Che cosa significa? Nei versetti che seguono la parabola, Gesù parla di confidare in Dio per la nostra vita e le nostre necessità. Dice che se Dio nutre i corvi, che non hanno depositi né granai, e se veste i gigli, senz’altro si prenderà cura di noi. Dice che dobbiamo avere fiducia in Dio e cercare il suo regno, poi Lui si prenderà cura di noi. È facendo queste cose, confidando in Dio, cercandolo e facendo la sua volontà che ci facciamo borse che non invecchiano, con tesori inesauribili in cielo. Ci viene detto di farci un tesoro nei cieli. Siamo ricchi davanti a Dio quando gli rendiamo gloria, facciamo quello che ci chiede, viviamo secondo i suoi insegnamenti e cerchiamo di fare la sua volontà, quello che ci ha chiesto di fare.
La parabola parla a tutti noi. Tutti necessitiamo di risorse per vivere. È saggio mettere da parte dei soldi per il futuro, se possiamo. Non c’è niente di sbagliato nell’avere proprietà o denaro in abbondanza. Le ricchezze non sono un male in sé. In ogni caso, chi le ha si trova di fronte a delle sfide spirituali, com’è dimostrato dall’avidità del ricco in questa parabola.

Qual è la caratteristica dell’avaro? L’avarizia fondamentalmente rende ciechi nel discernimento, l’avaro non sceglie quindi non riesce a distinguere la strada buona per lui perché è incapace di rinunciare, l’avaro ha il problema del possesso per cui, per lui la perdita è sempre una tragedia.
Molte persone nella vita non capiscono la volontà di Dio perché non si predispongono all’atto della perdita, perché qualunque cosa ci dica Dio, tutto il resto sarà perso. Noi pensiamo che l’avarizia sia un peccato che riguarda solo i ricchi, che sia legato solamente ai beni, al contrario riguarda tutti e ha conseguenza su tutti gli aspetti della vita. Infatti, si dice nella scrittura che tutti i mali vengono da essa, e perché mai? Vediamo un pochino. Nell’episodio del giovane ricco, quando Gesù domanda ad un ragazzo che gli chiede di seguirlo per avere la vita eterna, e di rinunciare alla ricchezza, questo giovane ricco non riesce a scegliere, se ne andrà via con una logica mediocre, come la logica mediocre e triste di ogni uomo su questa terra.
Noi pensiamo nel senso comune che senza soldi non si vive, abbiamo l’apertura a questo tipo di mentalità da una menzogna diabolica che in fondo ci dice che senza Dio si può vivere ma senza soldi no, e da questa menzogna derivano tutte le scelte sbagliate della vita, tutte le idolatrie. Noi pensiamo che senza pregare si viva serenamente ma senza soldi andiamo in ansia. Allora noi tutti, abbiamo quindi la caratteristica tipica dell’avaro che è l’ansia, che è la preoccupazione, e l’ansioso è il vero ateo perché non crede nella provvidenza.
L’avarizia è in opposizione alla fede, infatti:
Abramo per avere la storia della fede e per essere il padre della fede, deve vivere dei distacchi, anche dal figlio Isacco perché dovrà generare la fede. Esso è chiamato a uscire dai possessi materiali, cioè dalla terra; dalla mentalità cioè dalla parentela e dagli affetti cioè dalla casa di suo padre. Nessuno si deve illudere, nessuno può amare veramente o fare il bene autentico se ha qualcosa da difendere perché entrerà in ansia per quel qualcosa. La fede, infatti, richiede distacco, bisogna essere liberi dalle cose.

Le Scritture ci insegnano a non confidare nelle ricchezze e Gesù ci avverte che le preoccupazioni del mondo e l’inganno delle ricchezze soffocheranno la Parola. Queste sfide sono abbastanza difficili, tanto che Gesù disse: “In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli”.
Il problema non erano le ricchezze di quell’uomo, ma il fatto che nel suo cuore c’erano i suoi tesori, i suoi beni, e non Dio. Non era ricco verso Dio. Non si stava facendo tesori in cielo; stava immagazzinando avidamente la sua abbondanza senza pensare a Dio né ad altri che potessero essere nel bisogno.
E noi? Riconosciamo che tutto quello che abbiamo in realtà appartiene a Dio? Se sì, gli chiediamo come usare e gestire le nostre finanze? Lo ringraziamo e lo lodiamo per come ha provveduto a Noi? Quando ci benedice finanziariamente, lo facciamo a nostra volta con i bisognosi? Benediciamo Dio restituendogli il dovuto in decime e offerte?
Possa ognuno di noi imparare a coinvolgere Dio in ogni aspetto della sua vita, compreso il modo di usare il denaro e i beni materiali con cui ci ha benedetto. Possa ognuno di noi chiedergli come utilizzare le ricchezze che ci ha dato; possa rispecchiare la sua natura e il suo carattere nell’uso che facciamo dei nostri beni materiali, nella nostra vita e nel nostro servizio. Possa ognuno di noi essere ricco verso Dio.
Quale ricchezza stai cercando nella tua vita?
Infatti, se vuoi sapere ciò che è veramente il tuo tesoro, considera ciò che ti turba se non lo dovessi avere. Così riconoscerai ciò che è il tuo tesoro.
Fratelli e sorelle, voglio chiedervi: come mai Gesù ha raccontato questa parabola, e dopo ha guidato gli autori della Bibbia a scriverla nella Bibbia per noi? Perché Gesù voleva che avessimo questo racconto?
È importante fermarci a pensare. Gesù è Dio, e non fa mai nulla per caso. Ha sempre uno scopo ben chiaro in tutto quello che fa.
Allora, perché ci ha raccontato questa parabola?
Gesù è venuto sulla terra, per avvertirci del giudizio, in modo che ci potessimo preparare.
Infatti, ascoltiamo come Gesù conclude la parabola:
Chi accumula tesori per sé, chi cerca il suo tesoro su questa terra, e non è ricco verso Dio, si troverà davanti al Giudizio eterno impreparato, e così, sarà senza speranza. Si troverà davanti al tormento eterno, senza speranza. Questa è la vera stoltezza, e questa è la realtà che aspetta chiunque, non è ricco verso Dio!

Come diventare ricchi verso Dio
In parole semplici: la nostra condizione naturale è di essere poveri nei confronti di Dio. Indipendentemente da come gli altri uomini ci vedono, agli occhi del nostro Creatore santo e perfetto, siamo tutti peccatori, colpevoli di averlo trascurato. Quindi, siamo tutti poveri verso Dio, soggetti alla condanna eterna.
Per essere ricchi verso Dio, dobbiamo essere perdonati, e dobbiamo essere dichiarati giusti anziché colpevoli. Questo è ciò che la Parola di Dio chiama “salvezza”.
Per capire la salvezza, dobbiamo capire qual è la nostra condizione nei confronti di Dio.
La Parola di Dio ci insegna che il nostro Creatore, Dio, è totalmente e assolutamente santo. Perciò, Dio odia il peccato, ed ha stabilito di punire ogni peccato. Il salario per il peccato è la morte eterna, la separazione eterna, in quello che noi chiamiamo comunemente l'inferno.
Se Dio avesse lasciato le cose così, nessuno sarebbe stato mai salvato. Tutte le persone, in tutta la storia, sarebbero state mandate all'inferno. Anche noi saremmo senza alcuna speranza.
Però, nel suo grande amore, Dio non ha lasciato le cose così.
Come leggiamo nel Vangelo di Giovanni, Dio ha tanto amato il mondo, che ha mandato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui, non perisca, ma abbia vita eterna.


Il sacrificio di Gesù provvede la possibilità della salvezza per ogni uomo. Dio ci insegna che chi veramente riconosce la propria condizione di essere un peccatore, sotto condanna, e si aggrappa totalmente di cuore a Gesù, come Signore e Salvatore, quella persona sarà perdonata, diventerà un vero figlio di Dio, e avrà la salvezza eterna, nella presenza di Dio in cielo. Perché Lui vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.