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Le dieci vergini

Questo racconto è strettamente legato ad una usanza orientale, al modo tutto particolare di celebrare il matrimonio ma è meraviglioso riconoscere in questa pratica ricca di stranezze esattamente il cammino della Chiesa “la Sposa di Cristo” (le vergini rappresentano la Chiesa nel suo insieme). Alla fine della Parabola, Gesù dice: " Vigilate, dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora." Questo avvertimento finale serve come chiave di lettura . Essa indica la direzione del pensiero di Gesù.

Matteo - Capitolo 25,1-13

“Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: "Ecco lo sposo! Andategli incontro!” Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: "Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono". Le sagge risposero: "No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene". Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco". Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora”.

Una divisione del testo della parabola in cinque parti può aiutarci nella lettura e nella sua comprensione:

La prima (v.l) è il titolo del racconto: "II Regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo".

Nella seconda parte (vv. 2- 5) vengono presentati i personaggi - cinque vergini stolte e cinque sagge - e il fatto - prendono delle lampade e alcune anche l'olio, mentre altre no -; aspettano lo sposo e, nell'attesa, si addormentano .

La terza parte (vv 6-9) è segnata dall'arrivo dello sposo, che fa emergere la mancanza dell'olio; c'è il dialogo tra le stolte e le sagge per capire come supplire a questa difficoltà, e infine la decisione di andare a comprare l'olio nel cuore della notte. 

La quarta parte (vv. 10-12) comprende l'ingresso alle nozze e la chiusura della porta.

Infine, al v. 13, conclusivo, l'esortazione alla vigilanza.

ESAME DEL BRANO

v. l La parabola è «del Regno» dove Il Regno dei cieli è paragonato alla celebrazione solenne di un banchetto nuziale. Gesù inizia la parabola con le parole: "Il Regno dei cieli sarà simile..." Significa che la parabola delle dieci vergini si riferisce alla venuta futura del Regno, per la quale dobbiamo prepararci fin da ora. Per chiarire questa dimensione del Regno, Gesù ricorre all'uso ben noto di invitare alcune giovani del paese ad accompagnare lo sposo durante il corteo nuziale. Esse dovevano accompagnare lo sposo con le lampade accese. Però le lampade erano piccole e l'olio che contenevano bastava solo per un tempo limitato. Per questo era prudente che ciascuna portasse con sé un po' d'olio di riserva perché il percorso con lo sposo poteva durare più del tempo limitato dell'olio nella lampada.

Il corteo: insieme al banchetto nuziale erano considerati dagli ebrei come il momento principale del rito matrimoniale. Il corteo partiva dalla casa dello sposo, quest’ultimo con i suoi amici si dirigevano alla casa della sposa e dopo averla presa, con danze e canti si dirigevano alla casa delle nozze. Tutti con l’abito da nozze, con le proprie lampade accese e piene d’olio pronti a fare festa.

Il matrimonio: non era celebrato con il rito religioso, era spesso un accordo che diventava un vero e proprio contratto tra due famiglie le quali a volte erano unite anche da un grado di parentela. Si richiedeva alla donna una buona dote e soprattutto le virtù descritte nel libro dei proverbi ma era fondamentale la sua verginità; non doveva avere nel suo passato possibilmente nessun fidanzamento interrotto, ciò poteva rappresentare un motivo di vergogna. Si celebrava unicamente di sera o addirittura a notte inoltrata, durando anche fino a sette giorni. Era un vero e proprio momento di allegria specialmente per la casa dello sposo. Sposarsi significava continuare la generazione e assumere finalmente le responsabilità di una famiglia. Il matrimonio era qualcosa di veramente importante e indissolubile, tanto che le cause di rottura come l’adulterio erano punite con la morte.

La casa della sposa: non è menzionata esplicitamente, ma è il luogo dove le vergini attendono lo Sposo. Indubbiamente la casa della sposa rappresenta la comunità nella quale siamo chiamati a crescere, edificarci e a prepararci per il Grande Giorno. Come la sposa abbiamo avuto quella veste splendente e come una sposa dobbiamo adornarci per essere belle e gradite agli occhi del nostro amato. 

La casa dello sposo: era preparata per il banchetto, con una vera e propria organizzazione culinaria, tutto era curato sotto la supervisione dello sposo che conosceva anzitempo i gusti della sposa. V’erano delle tavole imbandite con dei cibi locali e particolari, il clima era di gioia arricchito da canti e danze. Ora alla luce di tutto questo possiamo immaginare cosa stia accadendo nel cielo in vista delle nozze con l’Agnello e cosa ci attende quando insieme ci ritroveremo nella casa del Padre.

Le lampade: erano fondamentali, a olio combustibile con la miccia di stoppa. Insieme alle fiaccole erano l’unico mezzo di luce allora conosciuto. Immaginiamo durante la notte, per le strade la loro utilità. Servivano per vedere il sentiero da percorrere, per evitare buche e sassi, per tenere lontano le fiere della campagna e i ladroni. Un corteo illuminato e arricchito con canti, musica e danze era possibile solo con l’ausilio delle lampade. La lampada nella Parola di Dio rappresenta il nostro cuore, la nostra vita, il nostro atteggiamento. 

Le vergini: Il termine greco per «vergine» è parthenos , lo stesso usato per Maria in Mt 1,23. Qui sta per «ragazza»; il significato tecnico di vergine è irrilevante ai fini della parabola. Le vergini sono le anime cristiane che, fidanzate a Cristo loro «unico sposo» sono in attesa di essere presentate a Lui per le nozze celesti.

Dieci: è una quantità che vuole indicare la totalità come era nella tradizione anticotestamentaria, ricavandone l’ indicazione di una chiamata universale alle nozze, dunque alla festa del popolo di Dio, da cui nessuno sarebbe escluso; il 10 infatti è multiplo di 5, numero che indica pienezza. Ma se moltiplichiamo il numero 5 della pienezza per il numero 10 della totalità otteniamo il numero 50, cioè la pienezza delle pienezze, la Pentecoste.

Riassumendo:

La vita cristiana è, secondo la parabola, un cammino la cui meta è un festino nuziale; un cammino però fra le tenebre che solo la fioca luce di una «lampada», simbolo della fede vigilante, può rischiarare. Questo è ciò che si sottintende in questa storia delle dieci vergini: chi accetta un determinato compito deve prepararsi in base alle esigenze del compito stesso. La giovane che accetta di essere dama di onore nello sposalizio deve comportarsi in modo adeguato a questa funzione. Deve essere previdente e portare l'olio necessario per la sua lampada. Chi siano le sagge e chi siano le stupide non lo si capisce però all’inizio perché sono tutte uguali; è nel momento critico che si capisce chi è stato saggio e chi è stato stupido.

Verbo uscire

È interessante notare come, all’inizio della parabola, si dice che queste dieci vergini «uscirono incontro allo sposo » . Perché è usato il verbo uscire ? Sono uscite di casa, è vero, ma si capisce bene che il verbo “uscire” ha una ricchezza teologica e simbolica enorme : Dio fece alleanza con il suo popolo che era uscito dalla casa di schiavitù per diventare libero e legarsi liberamente al suo Signore. Tutta la nostra esistenza è fatta di uscite : siamo usciti dal seno di nostra madre, siamo usciti dalla nostra casa per fare la vita, usciremo da questo mondo per andare incontro allo sposo. Tra tutte ce n’è una fondamentale che è quella a cui allude il testo: l’uscita da se stessi. Quelle dieci vergini uscirono da sé per andare incontro all’altro. È questo l’atteggiamento primario e fondamentale. Lo scopo è l’incontro con lo sposo, la condizione è l’uscita.

Nel versetto iniziale troviamo quindi tutte le coordinate essenziali della parabola: si parla delle vergini e delle lampade e si chiarisce il motivo che ispira e orienta la loro vita e i loro passi: camminano verso l’incontro con lo sposo. Ciascuno di questi elementi richiede un’attenta riflessione. Ma è proprio il verbo uscire che dona alla scena la sua dinamicità. Tutta la vita è presentata come un esodo : uscire significa lasciare un luogo per andare altrove. Non siamo nomadi che vanno senza meta ma discepoli che hanno l’intima certezza di camminare verso l’incontro con lo Sposo, cioè con Colui che riempie la vita di amore e gioia. Nel versetto centrale della parabola troviamo lo stesso verbo [ exérchomai ]: “ Ecco lo sposo, andategli incontro ” (25,6). Il verbo è all’imperativo, si tratta dunque di un’ esortazione che Gesù rivolge a tutti e a ciascuno di noi. Se l’uomo resta chiuso in se stesso fa della vita una prigione; se invece è proteso verso un oltre fa della vita un’avventura carica di gioiosa speranza. L’insegnamento evangelico si scontra con le nostre resistenze, la fatica di cambiare. Il legittimo desiderio di stabilità si traduce nella ricerca affannosa di sicurezze che nessuno può dare. E così, invece di camminare verso l’oltre, ci fermiamo ai margini della strada. Un’immagine cara a Papa Francesco è quella di “una Chiesa in uscita”: accogliere il Vangelo significa “uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (Evangelii gaudium, 20). È questa la grazia che oggi chiediamo.

Lo sposo: è il Signore in persona, che in Gesù si è indissolubilmente unito all’uomo.  Il fine della nostra vita è incontrare lui, agli occhi del quale siamo preziosi. La metafora nuziale serve a esprimere il rapporto di amore e di fedeltà intercorrente fra Dio e la nazione eletta nell'AT, e tra Cristo e i battezzati nel NT.

vv. 2-5  Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.” Questo corteo di vergini è subito fotografato e classificato: cinque stolte, folli, non sanno vivere; cinque invece sapienti, assennate, prudenti sanno vivere.

Cinque sono considerate stolte: (morai) letteralmente ‘matte’ o pazze’ perché non hanno previsto la possibilità che lo sposo potesse tardare e quindi non hanno pensato di portare con sé una scorta d'olio.

Le sagge o più correttamente prudenti: (fronimoi) si portano dietro una scorta di olio in aggeia , piccoli vasi muniti di manici. Si presuppone che le dieci vergini debbano compiere un bel tratto di strada incontro allo sposo con la sua sposa.

Tutte però convivono insieme, ancora non sono divise, quasi come la zizania e il grano buono. Tutte hanno con sé la lampada, ma solo la metà prende con sé i vasetti con l’olio. È dunque stolto chi, pur avendo ascoltato la parola del Signore, non porta il frutto dovuto, cioè non la mette in pratica. La contrapposizione tra saggio e stolto è tipica nelle parabole di Gesù; la saggezza significa costruire sulla roccia, anziché sulla sabbia (7,21-27); ascoltare e fare la volontà di Dio (7, 21-23).  Alla nostra libertà è dato di essere giusti o iniqui, servi buoni e fedeli o malvagi e paurosi, benedetti o maledetti (parabola dei talenti). La stoltezza e la saggezza sono indicate nella parabola come percentualmente pari; tocca a noi far crescere l’una a spese dell’altra o viceversa. L'esigenza di alimentare la luce che ci è donata ed orienta la nostra vita all'incontro di gioia per le nozze della vita, richiede a noi l'impegno e l'esercizio delle virtù cardine della vita spirituale: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza.

L’ olio nei vasi: nella narrazione ha una funzione rilevante; è il segno visibile che separa il corteo delle vergini. Non è tanto la sua natura, ma la sua funzione a renderlo determinante. Nella Bibbia l'olio è spesso segno di ospitalità e di intimità, come si dice nel Sal 23 riguardo all'olio profumato versato sul capo dell'ospite: « Tu cospargi di olio il mio capo ». L'olio era anche segno di prosperità e soprattutto un simbolo messianico perché usato nelle consacrazioni regali (Sal 45,8) e sacerdotali (Sal 133), infatti la parola ebraica "Messia" e la sua traduzione greca"Cristo" come sappiamo, significano "Unto" con l'olio santo. L’olio è simbolo anche della fede e della perseveranza. Ma l’olio è anche la capacità di amare, che il Figlio ci comunica con lo Spirito Santo, perché amiamo i fratelli. L’amore ci rende luminosi, senza l’amore andiamo contro la nostra realtà di figli e siamo stolti. Nella tradizione giudaica l'olio era il simbolo delle opere buone che aprono le porte del regno di Dio. E cosa sono le opere buone nei vangeli? Tutte quelle opere fatte a favore degli altri. L’unica cosa che conta nella nostra esistenza, l’unica cosa che poi ci dà la capacità di superare la soglia della morte e di entrare nella pienezza della comunione con Dio, è il bene concreto che si sarà fatto agli altri. 

Gesù non conosce le persone che usando il suo nome compiono cose straordinarie, ma chi compie la volontà del Padre e la volontà del Padre è quella di realizzare il progetto di Dio , un progetto che si realizza mediante il bene che si fa agli altri (Mt 7,21: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”). Quindi, il bene che concretamente si fa agli altri è il capitale che accumuliamo nella nostra esistenza e che ci permette poi, una volta superata la soglia della morte, di entrare nella vita eterna. Ma l’olio è anche il dono dello Spirito Santo . E’ infatti proprio la grazia dello Spirito, quella forza divina che rende luminosa la santità cristiana. Senza di essa tutto si spegne, e anche le opere buone perdono la loro efficacia davanti a Dio, anche se la conservano davanti agli uomini. L’olio, dunque, è tutto ciò che funge da strumento per la nostra salvazza. Va notato inoltre che l’olio viene messo in “piccoli vasi ”, simbolo della fragilità della nostra natura, bisognosa di una continua vigilanza per non correre il rischio di sciupare una così grande ricchezza in così deboli contenitori.

vv. 3-4 Occorre che ci soffermiamo qualche istante sul rapporto tra le lampade e l’olio. La lampada non può fare luce da se stessa, se non è alimentata. L’allusione è alla vita cristiana, che emana la luce della santità, ma non in forza dei propri meriti personali, bensì in forza della grazia, continuamente comunicata da Cristo ai suoi discepoli.

 Tra le lampade e l’olio si colloca il gesto delle vergini, espresso dal verbo “ prendere ”. Si tratta di un verbo che esprime una decisione, una scelta libera e intenzionale. La comunicazione dello Spirito non si realizza con un procedimento meccanico: occorre voler “prendere”, cioè decidere di stendere la mano per attingere alle ricchezze che Dio ha messo a nostra disposizione in Cristo. In ciò appunto consiste la trascuratezza delle vergini stolte: “non presero con sé olio”. Non hanno continuato ad attingere alle sorgenti della grazia, pensando di poter vivere di rendita fino all’arrivo dello Sposo . All’inizio sicuramente avevano attinto, ma poi non più, come si vede dalle loro stesse parole: “Dateci del vostro olio perché le nostre lampade si spengono” (v. 8). Adesso si spengono, ma prima erano accese. Inoltre dall’analisi dei vv. 3 e 4,“Le stolte presero le lampade ma non presero con sé olio; le sagge, invece, insieme con le lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi” emerge la suddivisione delle dieci vergini in due gruppi di cinque . Perché questa suddivisione in parti uguali? I due gruppi si contrappongono e approdano a un destino diverso, di salvezza per le une e di perdizione per le altre. La parabola esprime in due quantità uguali soltanto la verità del giudizio come dato di fatto , ma non il numero degli eletti in antitesi con quello dei dannati. I due gruppi di vergini, che si separano nell’incontro con lo Sposo, manifestano solo la possibilità di destini differenziati , senza voler entrare in merito all’effettivo numero dei salvati, se maggiore o minore rispetto agli altri. In sostanza, ciò che la divisione dei due gruppi intende comunicare è solo l’idea che l’esito finale della vita di ciascuno non è scontato in alcun senso, e che dall’orientamento che noi diamo alla nostra evoluzione personale nell’aldiqua dipende la qualità del giudizio ultimo, ossia il grado di unione con lo Sposo. v.5  Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Qui si inserisce il tema del ritardo dello Sposo; avviene l'incidente di percorso: lo sposo tarda; sembra essere assente e lontano; era noto che presso la casa della sposa, lo sposo doveva concludere gli accordi con il padre della sposa. Non era mai da escludere un eventuale disaccordo sulle condizioni del contratto, e questo poteva dar luogo a notevoli ritardi. Nel nostro caso, il ritardo indica che col passare del tempo, l’entusiasmo iniziale può affievolirsi , e con esso la fedeltà allo Sposo, determinando una perdita di quota e un generale abbassamento di tono nella propria vita spirituale. Cominciano le transazioni, le concessioni allo spirito del mondo, la sottovalutazione di certe situazioni apparentemente neutre, ma che dissipano lo spirito di orazione. La preghiera e la meditazione tendono così a diventare più superficiali. E la luce della santità si affievolisce.

La parabola sottolinea però anche altri significati del ritardo dello Sposo. L’attesa cristiana è sempre caratterizzata da un ritardo. Inevitabilmente, l’azione di Dio nella nostra vita - e la possibilità di incontrarlo pienamente - non è mai modellata sui tempi e sui ritmi della nostra attesa. Dal punto di vista umano, spinti come siamo dalle urgenze della vita quotidiana, e dalla nostra incapacità di sopportare le cose che contrariano e che contrastano con i nostri personali desideri, l’intervento di Dio è sempre in ritardo. La nostra natura umana, inevitabilmente protesa verso soluzioni rapide, verso un bisogno incalzante di sollievo dai nostri pesi, verso un’impazienza, spesso non ci permette di capire gli obiettivi più alti e più nobili che Dio persegue nella sua misteriosa pedagogia, mentre noi cerchiamo mete più basse e meno costose. Questo ritardo dello Sposo è efficace perchè produce un discernimento tra le vergini stolte e le vergini sagge. Se lo sposo fosse arrivato rapidamente, non sarebbe stato possibile individuare alcuna differenza tra le vergini che lo attendevano. Il suo ritardo risulta invece un banco di prova, dinanzi al quale viene alla luce la qualità dell’olio che alimenta quella lampada che si chiama santità personale. Il ritardo dello Sposo mette in luce la mancanza di santità di cinque di esse. Le giovani ragazze sanno perfettamente chi è lo sposo, ma ad un certo punto accade che tutte e 10 « si assopirono »; vivono la loro vita in uno stato ancora incerto, nelle loro occupazioni normali, ed infine «dormono», il vocabolo greco kathéudó è usato qui in senso metaforico : muoiono nel senso della morte che non dura per sempre, ma da cui si è «risvegliati» come da un pacifico sonno.

v. 6  A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo! Andategli incontro!

La venuta definitiva del Signore avviene quando tutti dormiamo, nel momento della nostra morte. La morte è l’ultimo nostro esodo per l’incontro e per essere sempre con Lui. A mezzanotte indica non un'ora precisa secondo la concezione umana, ma un tempo già stabilito da Dio e che nessuno conosce, come si rileva dallo stesso versetto finale della Parabola (il v.13).  Comunque sia, al momento stabilito, lo Sposo Gesù appare.

Dall’analisi della parola giorno, possiamo comprendere perchè è usato il termine mezzanotte: la parola ‘giorno’ è usata in greco (e anche in ebraico) sia per definire un ciclo completo di 24 ore (da una mezzanotte all’altra), che per definire un periodo di luce solare che va dall’alba al tramonto. La distinzione si fa in base al contesto; nel nostro caso, il ‘tempo della mezzanotte’ è usato per esprimere la fine e allo stesso tempo l’inizio: la morte e la Resurrezione. Resta il mistero di quel grido nella notte .  Non ha identità questa voce che squarcia le tenebre della notte. Questa voce che ridesta tutte dal sonno : perché tutte – sagge e stolte – si sono addormentate! Una voce che non chiede nulla in cambio, se non forse la gratificazione di vedere che qualcuno si è finalmente svegliato per accogliere lo sposo che arriva… Tale voce può ricordare la voce di un arcangelo ma anche quella di un santo. Quanti hanno dato voce a quel grido in 2000 anni di storia del cristianesimo! Quanti assunti agli onori degli altari e identificati come santi e sante ! Quanti ai quali questo grido è stato soffocato nel sangue! Ma nella notte, in ogni notte della Storia e della fede, non sono mai venute meno queste voci a volte possenti, altre volte “mute” ma non meno eloquenti di qualsiasi grido e sempre pronte a ridestare gli animi.

v.7   si destarono:  furono resuscitate : egéiró , nel senso proprio del verbo usato per la Resurrezione di Cristo! È la risurrezione, che prelude l’incontro. Nel Vangelo di Giovanni (5,28 - 29) si dice: Viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Furono resuscitate tutte le vergini e prepararono le loro lampade. La Resurrezione provoca la separazione delle vergini sapienti dalle stolte e perdute, come il pastore separa le pecore dai capri (v. 32). Il Signore si manifesta e tutte e dieci le vergini si svegliano dal torpore dell'inattività spirituale e si preoccupano di esaminare lo stato della loro fede (le lampade), l'entità della fiamma di essa, cercando di dare ordine alla loro condizione spirituale, al fine di potersi presentare degnamente alla presenza di Cristo. A questo punto, le stolte dissero alle sagge: “Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”.  La risposta delle vergini sagge ha uno spessore teologico di grande portata, che non ci deve sfuggire: “No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Le cinque vergini stolte, si accorgono con grande timore di essere state sorprese con la fiamma della fede ormai spenta, e chiedono alle avvedute di farle partecipi del loro Spirito, cioè come se chiedessero ad esse di farsi garanti della fede che non hanno più. Ma ciò, ovviamente, non è possibile. Le vergini avvedute tengono fermamente ciò che hanno ricevuto da Dio. E dicono alle stolte di andarsi a rifornire “dai venditori”. Quali “venditori” possono mai vendere lo Spirito Santo? Lo Spirito di Dio non si può comprare né vendere.

La risposta delle sapienti è dura, sconcertante nella sua brevità, sembra contro ogni carità, in contrasto con la legge fondamentale dell’evangelo che è l'amore. In realtà la risposta è ineccepibile e va compresa nell’ambito del contesto giudiziale, escatologico, in cui si ambienta l’insegnamento: in tale circostanza ogni prestito del «personale» ad un'altra «persona» è impossibile. Dare l'olio all'ultimo non serve. Le sagge non possono trasferire la loro luce personale nelle lampade delle stolte; vale a dire: non si può comunicare a un altro la santità derivante dalla risposta positiva alla divina pedagogia, non si può dare a un altro la propria capacità di non sciupare il tempo, la propria fedeltà, la propria fiducia, il proprio lasciarsi modellare e coinvolgere nella storia di Dio. Se c’è una cosa che noi non possiamo cedere a un altro è proprio questa: la luce di santità che risulta dalla risposta personale alla grazia. Questa luce, pur essendo un semplice e piccolo riflesso della luce di Dio, è una luce veramente mia, essendo veramente mia la risposta piena alla grazia, cioè quella risposta della buona volontà che ci rende capaci di riflettere sul mondo la luce di Dio. Quella risposta che io non do a Dio, nessun altro può darla al mio posto. La luce che viene meno per la mia mancanza di santità, non viene meno solo per me, ma anche per la Chiesa. Così, quella santità che io dovrei avere, e non raggiungo, equivale a negare alla Chiesa la luce di grazia che potrei proiettare se ce l’avessi.

La parabola continua dicendo: “Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio,  “mentre quelle andavano”:  le vergini stolte per comprare l’olio si allontanano e diventa evidente ciò che hanno fatto durante tutta  la loro vita; si sono allontanate dal Signore e perciò non l’hanno conosciuto. “….arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa”. Qui ritorna un tema fondamentale nell’insegnamento di Cristo sulla teologia della salvezza. Non ci sono tempi supplementari offerti all’uomo aldilà del tempo del nostro pellegrinaggio terreno. Il ritorno dello Sposo in questa parabola rappresenta la conclusione dello stato di pellegrinaggio, del tempo che ci è dato per scegliere, per rispondere alla grazia e per schierarci con Lui. Una volta scaduto questo tempo non è possibile neppure varcare quella soglia che viene chiusa con l’arrivo dello Sposo.

vv. 10-11 Le vergini stolte vanno alla ricerca di un acquisto fuori tempo massimo, mentre le sagge entrano con lo Sposo. « la porta fu chiusa »: Fu chiusa indica un tempo preciso, puntuale, irreversibile, «per l'eternità». La morte chiude il tempo utile per acquistare l’olio. La partita è finita, il risultato dipende da ciò che si è fatto prima. La porta viene aperta a chi è presente, a chi risponde con le sue opere al Signore che lo chiama. La porta che si chiude richiama forse quella stretta dello stesso vangelo di Matteo : Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! (Mt 7,13s). Dopo la chiamata, unica e irripetibile, la porta viene chiusa: All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi: Così parla il Santo, il Verace, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude, e quando chiude nessuno apre. Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. (Ap 3,7s)

Il Signore accoglie le vergini avvedute. Benché dormienti, perché la loro attività spirituale era sopita, le cinque vergini avvedute, non hanno mai fatto spegnere la fiamma della fede, avendola alimentata costantemente con l'olio dello Spirito. La loro fede non sarà sicuramente al massimo grado (ciò traspare dal fatto che anche esse non hanno, alla fine, una grandissima quantità di olio per alimentarla), ma è più che sufficiente a farle riconoscere dallo Sposo e ad entrare nella Sala delle Nozze. E ciò ci fa comprendere quanto difficile sia la perseveranza nel tempo della fine, ma il Signore lo sa. Ciò che accomuna le 5 vergini sagge è il Desiderio dell’incontro con lo Sposo. La nostra spiritualità è soprattutto una spiritualità di desiderio, un esercizio del desiderio, ovvero una tensione all’incontro personale, alla realizzazione del progetto di Dio, l’incontro con Gesù. L’immagine parabolica parla del desiderio dell’arrivo dello sposo. Queste dieci ragazze sono presentate al plurale proprio per caratterizzare il popolo che è fatto da una molteplicità di persone ognuna delle quali può avere due reazioni diverse. Come dire: ogni persona è potenziale sposa del Signore, ma può entrare con lui alle nozze o essere gettata fuori. Il desiderio, nella nostra vita spirituale, è l’elemento fondamentale, è la molla, è ciò che fa tendere continuamente alla meta, al fine, che è lo sposo: la persona di Gesù Cristo. Il “filo rosso” che guida tutta la nostra vita spirituale è il desiderare di conoscerlo, di essere conosciuti, di essere con lui, di superare le nostre stanchezze, le nostre incapacità, i nostri limiti, la scarsezza del nostro olio; questo è il nostro desiderio continuo.

v 10  Le vergini stolte: Queste, risultano essere stolte davvero, perché ancora non si rendono conto che è finita. Vanno via, chissà dove, da chissà chi a chiedere ciò che hanno perduto e che non possono più riacquistare. Ma è intuibile “dove” e “da chi” vanno.

vv.11-12 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco".

Le vergini stolte tornano dai “venditori”, convinte di aver acquistato l'olio spirituale e di essere ora in condizioni di farsi ricevere dallo Sposo. Ma il Signore dice ad esse: “Non vi conosco”, perché l'olio spirituale che hanno acquistato non è quello di Dio, ma di “un altro”, del nemico. Lo Sposo dà la sentenza definitiva : Io, l'Amen- fedele, parlo a voi: Io non vi conosco! La formula equivale a: Non voglio aver nulla a che fare con voi. Anche queste parole sono dette per noi, ma non per terrorizzarci, bensì per responsabilizzarci. È necessario  convertirsi subito dalla stoltezza alla saggezza, dall’egoismo stupido all’amore saggio. La risposta ultima che il Signore ci darà è quella che ora noi diamo a lui.  La nostra risposta è importante e lui la rispetta, tanto da farla sua. Le vergini «stolte» si ritrovano respinte sia dalle loro compagne «sagge» che dallo sposo.

v.13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. 

La parabola delle vergini si conclude con l’invito a vegliare, perché non conosciamo né il giorno né l’ora della sua venuta; ogni istante della vita è il momento giusto per amare.  La parabola la si può intendere come descrizione del giudizio finale o del mio incontro con Cristo, lo sposo, alla mia morte.  Allora la parabola vuol esortarmi a vivere in modo consapevole e ad attendere, nella veglia, la venuta del Signore. La posso però riferire alla venuta di Gesù in ogni istante della mia vita. Quando Gesù viene, vado alle nozze con lui…. Allora festeggio la festa della mia realizzazione e dell’unione con Dio. Questo è lo scopo della vita. Essa è caratterizzata dalla gioia e dalla festa: la parabola ci descrive la via verso la festa della nostra realizzazione. Cerchiamo di vivere al meglio questo periodo di Avvento appena iniziato. Viviamolo come se stessimo aspettando un ospite importante, un parente a noi molto caro: prepariamo il nostro cuore, sistemiamo la nostra casa e tutto ciò che serve ad accoglierlo nel migliore dei modi. Viviamo come Maria che è stata sempre fedele a Cristo su questa esistenza terrena fino ai piedi della Croce. Non sprechiamo un solo istante della nostra vita. Non perdiamo la parte più bella che è Dio. 

A conclusione di questo insegnamento, abbiamo visto che nella vita si possono intraprendere due strade che sono diametralmente opposte:

C’è chi procede verso il Regno procurandosi l’olio per farsi luce lungo la strada

E chi brancola nelle tenebre sperando di poter acquistare qualcosa che di certo non è olio.

Ecco il tentativo vano delle stolte che si dirigono verso le tenebre con la speranza di trovare negozianti che nell’oscurità vendano olio per le proprie lampade; ma, gli unici venditori che trovano sono venditori di iniquità, di menzogne, di male, di tenebre. Piene della la falsa speranza acquistata dai negozianti e con l’illusione di aver finalmente trovato qualcosa con cui accendere le proprie lampade…le cinque vergini stolte nel buio della notte e senza aver preso parte alla gioa del cammino “comunitario” del corteo…riescono persino a raggiungere la porta della casa dello sposo. Ma lì, tutto si infrange e c’è la certezza che chi cerca e compra in quelle circostanze è destinato solo al buio eterno e non potrà prendere più parte alla gioia senza fine. Anche le cinque vergini sagge si sono ritrovate nel buio della vita…ma, conoscendo l’obiettivo finale, hanno fatto di tutto per procurarsi l’olio per fare luce e hanno dunque preso con fermezza una decisione sulla direzione da seguire: cioè quella che porta al Regno di Dio. Ogni singola persona ha inoltre unito la sua luce a quella delle altre (unito…non condiviso…come pretendevano di fare le vergini stolte). Si forma così un corteo di persone che la pensano e agiscono allo stesso modo…una comunità di persone che, ognuno con la propria luce, riescono a rischiarare il sentiero, a camminare attraverso le difficoltà e le insidie della notte e giungere alla casa dello sposo in un clima di festa e gioia. Anche la nostra permanenza sulla terra deve essere gioiosa e piena di speranza perché certi della meta finale.

Qui entra in campo la nostra responsabilità: in maniera consapevole scegliamo la direzione da prendere…Dio parla al cuore di tutti e invita tutti (non abbiamo giustificazioni su questo)…quindi dipende solo da noi, nella piena libertà, decidere dove andare. Il cammino diventa sempre più chiaro attraverso la pratica delle virtù: queste sono in un certo senso paragonabili agli argini di un fiume sul cui letto scorre la nostra vita e che alla fine del suo percorso sfocia nell’ oceano sconfinato che è il cuore di Dio. Il cammino del cristiano non è semplice. Può capitare che lungo la strada possiamo assopirci (nella parabola difatti tutte le vergini.. non solo alcune.. si addormentano per la stanchezza dell'attesa), possono arrivare momenti di torpore, di sbandamento, ma non dobbiamo permettere mai a nessuno di toglierci la speranza, non dobbiamo farci cogliere impreparati o distratti lasciando che qualcuno ci possa depredare del nostro tesoro (di cui tra l'altro non se ne farebbe proprio nulla...perchè quello, come abbiamo visto, è un tesoro strettamente personale); dobbiamo essere custodi gelosi e vigilanti di quell’olio che serve a tenere accese le nostre lampade. Quell’olio prezioso è la nostra offerta a Dio: tutta la nostra vita sia una continua offerta al Signore, perché tutto ciò che non gli offriamo se lo prende il maligno. 

Diventiamo attenti custodi della nostra anima perché lungo la strada troveremo tanti “stolti” che vogliono denudarci di ciò che abbiamo e che appartiene solo a noi; tanti che vogliono distoglierci dalla nostra meta finale e vogliono trasformare la nostra natura rendendola simile alla loro. Tanti che vogliono depredarci del tesoro che abbiamo costruito attraverso le nostre buone azioni...per poi riempirci del nulla e lasciarci nell' angoscia, nel tormento, nella desolazione più totale. Attenzione!!! A questi impostori e stolti, con la fede e la sicurezza dei figli di Dio diciamo con fermezza: nel nome del nostro Signore Gesù Cristo..andate via...lontano da noi, ritornate nelle tenebre da dove siete venuti...noi non vi conosciamo. In questo tempo, tutti, come il figliol prodigo, possiamo rialzarci e ritornare alla Casa del Padre...dove Lui ci aspetta per elevarci alla dignità di Figli di Dio: Lui ci rivestirà con la sua grazia e si prenderà cura di noi, ci metterà con amore l'anello al dito, i calzari ai piedi, ci farà indossare l'abito delle occasioni imporanti e farà festa con noi mettendoci a disposizione tutto ciò che ha. 

E' fondamentale comprendere che tutti siamo figli allo stesso identico modo. La mia preghiera non è migliore della tua, il Padre non ascolta più uno e meno un altro e, per questo principio, non puoi chiedere ad un altro di pregare per i tuoi bisogni mentre tu te ne stai con le mani in mano pronto solo a risquotere. Semmai, puoi chiedere ad un fratello di pregare con te, di fare strada insieme...ma è fuori di dubbio che ciascuno deve mettere del suo, non dimenticando mai che tutti abbiamo un rapporto personale con Dio e di questo ne risponderemo. (anche nel corteo le vergini camminano insieme...ma tutte con la propria lampada, con il proprio olio, con la propria luce e col proprio entusiasmo). Fin dall'eternità noi esistiamo nel cuore di nostro Padre e Lui, in un tempo preciso e con un gesto di amore infinito, decide di metterci sulla Terra per vedere se, nella più totale libertà di figli, continuiamo a sceglierlo e a riconoscerlo come Padre. Solo chi si reputa figlio può desiderare il ritorno alla casa del Signore per condividere con Lui la bellezza della vita senza fine. Tutte le partecipanti al corteo si riconoscono in Dio, perchè la luce che si genera dalle lampade e le accomuna per fare festa è la luce dello Spirito Santo che è l'amore fra il Padre e il Figlio. Pertanto, nessuno ci potrà privare dell’Amore di Dio… perchè se lo Spirito Santo è l’Amore fra il Padre e il Figlio...è anche l’Amore tra il Padre, il Figlio e i suoi figli che si riconoscono tali. Questo significa che, già su questa Terra, si aprono due strade da percorrere nella piena libertà: una che ci porta a muovere nostri passi immersi in questo Amore trinitario e nel raggiungimento della felicità eterna. Di contro, sempre di nostra volontà, possiamo decidere di seguire la strada delle vergini stolte...la direzione opposta...ma lì non possiamo aspettarci che dispersione nel buio e la disperazione eterna. Gesù è stato chiaro in questa parabola: a noi la scelta.

Siano le nostre vite come quelle lampade sempre ricolme d’olio e sempre accese. Vegliamo affinchè la nostra vita possa essere sempre traboccante della grazie e dei doni dello Spirito Santo al fine di essere strumento del Signore per portare la luce nel mondo. Quanto più accogliamo lo Spirito Santo, tanto più le nostre vite splenderanno della luce della santità: il desiderio è quello di essere interamente posseduti dallo Spirito Santo e portatori dell’amore di Dio su questa terra. Amen